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REVIEW – LE LEZIONI-CONCERTO DI EMANUELE FERRARI

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Dal Senso della composizione alle singole note e viceversa: ecco le lezioni-concerto di Emanuele Ferrari

emadi Vincenzo Vitale

Emanuele Ferrari è un bravissimo pianista. E tuttavia non è soltanto un pianista. E’ anche, e forse prima di tutto, un raffinato musicologo.
Ma dicendo questo non si è detto ancora nulla, dal momento che non tutti, come è evidente, son d’accordo sulla definizione del concetto di musicologo o di musicologia.
Avvertiti come siamo che “omnis definitio periculosa est” – non solo in diritto civile, secondo il noto brocardo di Giavoleno Prisco,  ma in ogni ambito dell’esperienza umana del sapere e perfino del fare – sappiamo bene che invece di incaponirsi sull’esatto significato di una definizione (qualunque essa sia) e dei suoi limiti, è molto più utile – ed incontrovertibile – affidarsi all’etimologia.

Possiamo così affermare che musicologo è colui che, dotato di una particolare sensibilità, si orienta al “Logos” della musica, cercando di renderne pubblicamente ragione.
Insomma, il musicologo altro non è che il filosofo che pone al centro della propria speculazione l’universo musicale in tutte le sue molteplici varianti e che per questo, come accade ad ogni filosofo, va incontro ad osservazioni critiche, ad accuse, a fraintendimenti.
Ma questo è il prezzo da pagare per chi voglia esercitare ciò che Heidegger chiamava “il mestiere del pensiero”, vale a dire per chi intenda addentrarsi nei territori dove bisogna bandire il già pensato, per orientarsi verso una nuova avventura capace di aprire nuove ed impensate vie per l’autocomprensione dell’uomo, che è il vero scopo di ogni filosofia.

Ferrari, da buon filosofo della musica, sensibile cioè al “Logos” che ne costituisce il fondamento inconcusso, non solo si muove ben oltre il già pensato, ma riesce in modo magistrale a manifestarlo agli ascoltatori, i quali, perciò, si trovano nella posizione originalissima di ascoltare il pezzo musicale e di essere invitati a ripercorrere subito dopo il medesimo sentiero attraverso il racconto che sapientemente Ferrari propone.

Si badi. Ferrari non “spiega” il discorso musicale – anche perché, a rigore, non c’è nulla da spiegare in quanto, come ha sagacemente notato Vittorio Mathieu, la musica significa soltanto se stessa. Ferrari invece propone agli ascoltatori di ripercorrere il sentiero tracciato dal rigo musicale muovendo egli, invece che delle note tracciate sul pentagramma, dal Senso complessivo del discorso.
Insomma, Ferrari, discendendo dal Senso del singolo brano musicale – che egli ovviamente già padroneggia – fino alle singole note, prende con grande brillantezza gli ascoltatori per mano e  li accompagna sul percorso inverso: dalle note al Senso del discorso musicale.

L’esito è di sconcertante originalità e compiutezza, svelando anche al profano un meraviglioso universo dotato di un Senso sovrabbondante, che è quello stesso della bellezza, qui mediata dalla musica.

Non a caso Ferrari è anche un convinto difensore e teorico del silenzio (sul quale ha scritto un prezioso saggio di rara intelligenza ed in nome del quale ha perfino fondato una Accademia), presupposto fondamentale di ogni discorso musicale: il suo “trascendentale”, direbbe Kant.

Non meraviglia. Ferrari non poteva che muovere dal silenzio per orientarsi al Senso del discorso musicale. Non poteva che muovere dal Senso per cogliere la determinazione esatta di ogni nota. Non poteva che ripartire in direzione opposta per accompagnare gli ascoltatori dove neppure avrebbero osato immaginare: quel luogo segreto e misterioso di cui scrive Vladimir Jankélévitch a proposito di Debussy e  dal quale nasce il pensiero musicale.

QUI IL PROGRAMMA DEI PROSSIMI CONCERTI ORGANIZZATI DA “CERTE NOTE” AL TEATRO LITTA DI MILANO

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