Dopo un seminario su “A Chorus Line” affidato ad Angelini, l’Accademia ha celebrato il percorso artistico del suo illustre ex allievo.
di Ilaria Faraoni
L’Accademia Nazionale di Danza di Roma, in occasione dell’ottava edizione del Festival Danza con noi! ha organizzato un evento nell’evento: con Nostos. Viaggio di ritorno, ha voluto trasmettere, agli allievi, tramite alcuni seminari, l’esperienza di 10 ex allievi che si sono distinti nel mondo della danza, dell’insegnamento e dello spettacolo e celebrarne la carriera. Non poteva mancare Fabrizio Angelini, un pilastro del teatro musicale italiano entrato in Accademia ventunenne al quinto corso, diplomato poi sia all’ottavo, sia al corso di perfezionamento con il Maestro Prebil.
Ma Fabrizio inizialmente voleva fare l’attore: era riuscito ad essere ammesso al laboratorio di Proietti ma vi dovette rinunciare a causa del servizio militare. Si era accostato alla danza, grazie alla scuola di Renato Greco, solo per acquisire un po’ di scioltezza. Il destino a volte segue strane vie.
Un esempio di rigore e tenacia quello del giovane Fabrizio che, durante l’ottavo corso in Accademia, aveva ottenuto dei permessi speciali per lavorare al San Carlo di Napoli: “Partivo da Roma alle 6 di mattina, arrivavo a Napoli, facevo lezione e prove ed ero di nuovo a Roma per la lezione delle 16“.
Nel 1985 vinse il premio Beato Angelico come miglior coreografo esordiente proprio con un gruppo di allievi dell’Accademia; ora, dopo tanti anni, vi ritorna da insegnante con un workshop intensivo su A Chorus Line diretto ai ragazzi del I triennio contemporaneo e del II triennio classico che si sono esibiti con grinta mettendo a frutto quanto hanno imparato durante il seminario: “È stato particolare essere dall’altra parte dei banchi, però sono contento di una cosa: il fatto di essere stato chiamato è segno di un’apertura verso un mondo, verso un genere, il musical, che nella cultura italiana è sempre considerato di serie B, sempre guardato con un po’ di snobismo dai classici, dalla lirica, dalla prosa“. In una settimana Fabrizio si è dedicato alla preparazione degli allievi facendo loro prendere confidenza con il canto e la recitazione, discipline che la maggior parte dei ragazzi non aveva mai affrontato. “Ho dovuto tirarli un po’ dalla mia parte” ha spiegato Angelini, “anche per lo stile, il jazz, in particolare il jazz anni ’70. C’era molta timidezza e li ho dovuti spronare un bel po’, ma sono contento del risultato anche perché hanno lavorato bene insieme pur appartenendo a due gruppi così diversi“. Poi ha continuato su A Chorus Line, evidenziandone l’importanza: “È uno spettacolo che fa vedere al pubblico cos’è il lavoro dei danzatori. Parliamo degli anni Settanta ed anche a Broadway c’era una situazione particolare: lo scalpore fu generato dall’aver dato per la prima volta la parola ai ballerini, facendone conoscere le vite“.
Ma c’è anche un motivo personale che segna il legame di Fabrizio con il musical in questione: era il 1990 e ormai Angelini lavorava al Teatro dell’Opera e al San Carlo di Napoli con contratti rinnovati di anno in anno; presto avrebbe raggiunto il tanto ambito posto fisso quando uscì l’audizione per l’allestimento italiano di A Chorus Line. “Avevo visto lo spettacolo sia a Broadway, sia a Milano” racconta. “La Compagnia della Rancia all’epoca non era ancora conosciuta ed ero diffidente, ma andai ugualmente all’audizione. Lì scoprii che la coreografa era Baayork Lee, una delle poche autorizzate a rimontare lo spettacolo in giro per il mondo, la stessa che aveva montato lo spettacolo americano che avevo visto a Milano: a quel punto capii che era una cosa seria“.
Poi il dilemma: “Mi presero come sostituto, il che comportava fare solo i primi 10 minuti di spettacolo tra i ballerini che, nella storia, vengono subito eliminati. Sarei poi andato in scena quando qualcuno avesse avuto dei problemi“. “Sono entrato in crisi perché lasciavo un posto praticamente fisso per un lavoro insicuro con una compagnia giovane in uno spettacolo dove, in sostanza, neanche ero in scena“, ha continuato a spiegare Fabrizio.
Dopo aver chiesto consiglio a chiunque ed essere stato spronato da tutti ad accettare, andò direttamente dalla produzione: “Arrivai con tutti i programmi di sala di A Chorus Line e con i ritagli di giornale, spiattellai tutto quanto sul tavolo spiegando cosa fosse per me quello spettacolo ed esponendo il mio problema. Mi risposero che ci sarebbero stati due mesi di prove, che l’America sarebbe venuta direttamente da noi e infatti lavorammo con Baayork Lee e con Albin Konopka, direttore musicale “.
Angelini decise così la sua strada, scegliendo coraggiosamente la via incerta di un sogno, a quella rassicurante del posto fisso. Ne fu sorpreso perfino Saverio Marconi. Poi la svolta, improvvisa, con la telefonata che gli annunciava di aver ottenuto il ruolo di Larry.
Il debutto come attore, intanto, era avvenuto nel 1986 quando Gigi Proietti non lo volle prendere nella sua scuola (dopo la prima opportunità sfumata per il servizio di leva) perché lo riteneva già pronto per lavorare: lo chiamò infatti per una sostituzione nel suo “Cyrano“. Le loro strade si sarebbero incrociate nuovamente molto più tardi, quando Angelini, che era stato chiamato come coreografo di un suo spettacolo, venne scelto da Gigi in corso d’opera anche per interpretare la madre di una delle sue figlie: nacque così l’esilarante personaggio della Signora Lapide.
Del resto prontezza e capacità di cogliere le occasioni al volo sono fondamentali nel mondo dello spettacolo: è così che Angelini, che lavorava con la Rancia come aiuto coreografo, come coreografo, come assistente alla regia, si è sempre reso disponibile ai “coveraggi” dell’ultimo minuto, come quando ci fu bisogno di sostituire Carlo Reali nella Piccola Bottega degli Orrori; Fabrizio era a Milano per allestire un altro spettacolo e fu avvisato a mezzogiorno: alle 18.10 era in scena a Napoli. “Devo dire che la memoria mi ha sempre assistito molto“, ha precisato.
Ancora con la Rancia da menzionare il ruolo di Carmen Ghia in The Producers, ricordato in video con un gustoso assaggio.
Nel corso del pomeriggio dedicato dall’Accademia alla carriera di Angelini, poi, tanti sono stati i video proiettati e altrettanti gli aneddoti raccontati: grande è stata la nostalgia rivivendo spettacoli che hanno segnato la storia del musical italiano. Non poteva mancare, ad esempio, un ricordo del Sette Spose per Sette Fratelli della Compagnia della Rancia con la quale il percorso di Fabrizio è fortemente intrecciato (ripetuti sono stati i ringraziamenti a Marconi e a Michele Renzullo). Di Sette Spose sono stati scelti due momenti, quello della festa e quello ribattezzato Ritmi, dove svariati oggetti di uso domestico venivano usati come percussioni insieme allo spettacolare numero con la panca, sulle note di Se tu vuoi. “Fu una cosa che inventammo il direttore musicale Giovanni Lori ed io”, ha spiegato Angelini, “perché serviva un numero forte verso la fine dello spettacolo, quello che in America viene chiamato eleven o’clock number che serve, quando la gente comincia ad essere un pochino stanca, per tirare su tutti quanti e andare poi verso il finale”. In pochi sanno che il Sette Spose della Rancia, con la regia di Marconi e le coreografie di Angelini è stato portato a Parigi alle Folies Bergere dove lo spettacolo è stato interpretato da un cast francese. Due anni prima, ha raccontato, Fabrizio, vi aveva allestito, sempre con la Rancia, Nine.
E tra un video di Bulli e Pupe, e Cabaret, passando per Hello Dolly! (qui si è parlato della grandiosità degli allestimenti che ci si poteva permettere qualche anno fa) e Pinocchio, arrivato addirittura in Corea e in America, è giunto il discorso sulla qualità: “La nostra missione è cercare di fare cose fatte bene perché il pubblico non resti deluso e scelga quello che è giusto“.
Per quanto riguarda la regia, la prima arrivò grazie a Nicoletta Mantovani che decise di allestire in Italia Rent, in contemporanea con Broadway e portò tutta la compagnia oltreoceano per vedere ben sei volte lo spettacolo.
Da ricordare poi la collaborazione con tre premi Oscar, in veste di regista e coreografo in San Francesco il musical: Dante Ferretti (scenografo), Gabriella Pescucci (costumista) e Vincenzo Cerami (autore del testo). “Una responsabilità non da poco“, ha commentato Fabrizio: fu un tentativo di creare ad Assisi un long running show, voluto da un miliardario americano devoto di San Francesco che ricavò, da una vecchia fabbrica abbandonata, un teatro che tuttora ha una sua stagione. E il tentativo ebbe buon esito, visti i 6 mesi di repliche.
Il metodo Stanislavskij-Strasberg, poi, studiato da Fabrizio Angelini per diversi anni nel corso di laboratori e seminari tenuti da Francesca De Savio, ha contribuito a cambiare il suo approccio con la recitazione ed il suo modo di fare regia: “Si è andati a scavare in profondità, a lavorare sulle emozioni, sulla verità, sul togliere“. “Purtroppo nel musical c’è la tendenza a lavorare un po’ sopra le righe“, ha ammesso. Proprio in Jesus Christ Superstar, diretto da Angelini per la Rancia, venne dunque fatto un lavoro speciale con gli attori: “Facemmo un training di diversi giorni che abitualmente non c’è tempo di fare, con il risultato che fu uno spettacolo che gli attori sentirono in modo molto forte e che ancora ricordano“, ha raccontato Angelini che, tra l’altro, concepì genialmente la storia ambientandola ai giorni nostri, tra gli sbarchi dei clandestini, con i sacerdoti che erano dei politici.
Il segreto di Angelini però è da ricercare anche altrove: “Prima siamo persone, poi parliamo di passi, di note e di tutto il resto” ha confessato il poliedrico artista. “Mi piace stare insieme e avere non solo la stima professionale, ma anche l’affetto di chi mi sta intorno: se ci si trova bene questo aiuta anche lo spettacolo“.
A riprova di ciò, non è mancato il sentito ringraziamento a Gianfranco Vergoni, suo strettissimo collaboratore e amico, presente in sala: “Ci conosciamo da A Chorus Line, lavoriamo sempre insieme; ora Gianfranco è un autore, scrive, collabora alla regia e devo dire che gran parte della mia carriera è andata bene come è andata perché c’era lui accanto a me“.
Infine non poteva mancare un accenno ad Aggiungi un posto a tavola, che Fabrizio Angelini sta portando in tour con la Compagnia dell’Alba di Ortona: “È un sogno che si è realizzato; ho visto questo spettacolo quando avevo 11 anni nella primissima edizione con Dorelli, Bice Valori e Paolo Panelli; ne rimasi folgorato e l’ho sognato per tutta la vita“. Da notare che si tratta della prima volta che una compagnia professionale, al di fuori del Sistina, riesce ad ottenere i diritti di questo classico di Garinei e Giovannini: “Produco lo spettacolo insieme a Gabriele De Guglielmo protagonista della commedia e direttore della compagnia; ci siamo lanciati in questa follia e ci stiamo dissanguando ma siamo molto contenti, lo spettacolo sta avendo una grossa risposta” ha spiegato, orgoglioso, Angelini che ha scelto di riprodurre regia e coreografie originali: “Hanno vinto il gruppo, il talento, l’energia e la convinzione“.Per la Rubrica My Favourite Things sulla rivista “Musical! on line” FABRIZIO ANGELINI PARLA DI AIDA (DI E. JOHN E T. RICE)