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REVIEW – “LA STORIA D’ITAGLIA” CON DEROGATIS, MONETTI, PANICONI E TIROCCHI; REGIA DI SIMEOLI

Al Teatro de’ Servi di Roma in scena il divertentissimo e intelligente testo di Tirocchi, Paniconi e Pallottini. 

di Ilaria Faraoni

Quando si torna a casa dopo aver assistito ad uno spettacolo senza avere l’impressione di aver sprecato una serata, i soldi del biglietto, del parcheggio, dei mezzi o del taxi («Vale i soldi del taxi?», si domanderebbero il direttore Vitale e Lucio Leone) o senza quella sensazione che a volte ti fa pensare: «Sì, spettacolo ben fatto, ma… »; quando si torna a casa con quel senso di soddisfazione, ripetendo durante il percorso l’affermazione/domanda «Ma quanto sono bravi!?», anche se gli artisti in questione già li conosci e li apprezzi e non dovresti più stupirti… be’, quando succede tutto questo vuol dire che tutti gli elementi che concorrono alla riuscita di uno spettacolo hanno funzionato a dovere e in stretta connessione.

È il caso della commedia La storia d’Itaglia, in scena al Teatro de’ Servi di Roma fino al 18 febbraio, proposta dalla Compagnia A.M.O. (per la presentazione dello spettacolo con info, sinossi e note di regia leggere QUI). Sul palco Daniele Derogatis, Valeria Monetti, Maurizio Paniconi e Alessandro Tirocchi (rigorosamente in ordine alfabetico).

Lo spettacolo si è fatto precedere sui social da simpatici ed eloquenti video di presentazione dei personaggi, che proponiamo a fine articolo.

Il testo, scritto dagli stessi Tirocchi e Paniconi con Claudio Pallottini, è un mix di elementi: unisce le forme più classiche di teatro e comicità a quelle più contemporanee; e ancora propone non sense, tormentoni (come l’urlo in falsetto rockettaro di Giovanni Persichetti in arte Rocco Jeckerson – Tirocchi) e situazioni estremamente sopra le righe e al tempo stesso credibili, in un contesto in cui si entra e si esce di continuo dal teatro nel teatro o si rompe la quarta parete e si ammicca agli spettatori.

Il pubblico è investito da raffiche di battute, sostenute dall’abilità dei quattro artisti in scena che sanno tenere testa ed esaltare il ritmo serratissimo dato alla commedia dalla regia di Marco Simeoli (aiuto regia Maria Caso), che fa scorrere lisci come l’olio incastri di situazioni e mutamenti di atmosfera, montaggi alternati e movimenti scenici rapidissimi: Simeoli, da regista esperto, forte anche del suo essere a sua volta attore, fa sembrare tutto facile, quando allestire uno spettacolo del genere non deve essere stato affatto facile.

Si ride tanto, si ride al momento giusto e in qualche caso a scoppio ritardato e già c’è pronta la situazione successiva che strapperà anche l’applauso a scena aperta.

Ma il bello è che ci si diverte sì per il gusto della battuta o della situazione, ma ci si diverte anche riflettendo, perché i tre autori di La storia d’Itaglia vogliono parlare dei rapporti genitori/figli, genitori/scuola, di quelli di coppia, di famiglia, dei problemi della nostra società, dell’Italia, delle sue regioni, di Roma, della televisione con i suoi reality e talent, delle aspirazioni, delle delusioni e dei fallimenti in cui inevitabilmente incappiamo prima o poi; tutto questo mettendo sul palco tre tipologie di padri agli antipodi: il già citato Giovanni/Rocco Jeckerson con i suoi Dead Meat, Andrea Mangano (Paniconi) – scrittore – e il pugliese Michele Tarantino (Derogatis), ristoratore. I tre rispettivi figli Janis, Tancredi e Oronzo, hanno scritto una storia d’Italia come compito per la temibile e dittatoriale professoressa d’italiano Incoronata D’Onofri, soprannominata eloquentemente “Fräulein Merkel” (Monetti) che, vero motore della narrazione, decide di mettere in scena (per scopi che verranno svelati in seguito) il testo dei ragazzi, obbligandone i padri a recitarlo.

Foto Benedetta Rescigno

Il copione nel copione ripercorre la storia della nostra penisola attraverso alcuni avvenimenti salienti. A noi ne vengono fatti vedere tre: la fondazione di Roma, le Idi di marzo ed il Risorgimento. Ma attenzione: in La storia d’Itaglia niente è come sembra, sia la storia “vera”, quella passata, sia la narrazione principale; le sorprese si susseguono per tutto lo spettacolo e la commedia propone anche, in alcuni punti, momenti più intimi: sono le abilità degli autori, degli interpreti e della regia a fare in modo che i due registri viaggino insieme senza stonature. 

L’azione è ambientata nella palestra/teatro della scuola, riprodotta efficacemente con pochi elementi da Fabrizio Del Prete. Divertenti i costumi tricolori di Rita Pagano, che ha proposto con gusto anche il resto degli abiti di scena; in particolare colpisce quello della Lupa di Romolo e Remo.  Curato anche l’uso delle luci di Daniele Toma, sulle quali si scherza anche in una battuta, perché tutto qui è trasformato in commedia.

Daniele Derogatis, Valeria Monetti, Maurizio Paniconi e Alessandro Tirocchi sono incontenibili, in uno spettacolo che rappresenta anche una notevole prova fisica (come non pensare anche alle “sedute” sempre più improbabili che coinvolgono, in primis, il pugliese Michele?). Ognuno caratterizza in modo netto e credibilissimo, anche nelle situazioni più surreali, non solo il proprio personaggio ma anche quelli che deve rappresentare nella finzione dello spettacolo scolastico voluto dalla professoressa “Merkel”.

Le occhiatine, le movenze e l’ingenuità di Michele/Derogatis, la presenza scenica del Giovanni/Rocco proposto da Tirocchi, con la sua tenerezza nascosta dagli atteggiamenti da duro, l’altezzosità di Paniconi/Mangano che copre le sue insicurezze, tutte le numerose sfumature con cui i tre artisti hanno saputo vestire i loro personaggi e i tempi comici perfetti senza i quali lo spettacolo non sarebbe riuscito, conquistano immediatamente il pubblico fin dalla prima scena.  

Last but not least Valeria Monetti/Incoronata Merkel“, che in questo spettacolo è valorizzata come meglio non si potrebbe dal testo e dalla regia (chapeau), che le permettono di dare pieno sfogo a un grandissimo numero di sfaccettature interpretative: tante Monetti in un unico spettacolo, tutte legate da una grande coerenza, anche quando l’artista strizza l’occhio a se stessa e alla sua partecipazione a Saranno Famosi, ora Amici.

Due scene su tutte: il momento commovente e intimo in cui Valeria canta Viva l’Italia di De Gregori inframmezzando i racconti ed i rispettivi epiloghi dei tre padri e il momento di atmosfera decisamente differente (non si può non ridere di gusto) in cui, sulle note di Va, pensiero (o Va’, pensiero, come scriveremmo oggi) ripropone, a rallenty, i movimenti coreografici clou di Io ballerò, una delle indimenticabili sigle (quella di “Festival”) di Lorella Cuccarini, citata più volte nello spettacolo.

E allora evviva la voglia ed il coraggio di chi investe in testi nuovi, italiani, che parlano di noi ed esaltano i nostri artisti.

foto Benedetta Rescigno

 

About Ilaria Faraoni

Giornalista, laureata in "Lettere Moderne - discipline dello spettacolo" alla Sapienza di Roma (vecchio ordinamento) con una tesi in "Storia del Teatro", ho studiato musica e chitarra classica per 10 anni con il Maestro Roberto Fabbri, sono istruttrice FITD di balli coreografici a squadre (coreographic team). Il mio interesse per l'arte è a 360°. Ho studiato fumetto diplomandomi alla "Scuola Internazionale di Comics". Tra le mie attività c'è anche la pittura: ho frequentato i corsi della Maestra Rosemaria Rizzo e ho tenuto diverse mostre personali (una delle quali interamente dedicata al mondo del musical) in sedi prestigiose; nel 2012 sono stata premiata a Palazzo Valentini (sede ufficiale della Provincia di Roma) con un Merit Award per la promozione dell'acquerello.
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